Avellino, 25 maggio 2020.
La pandemia generata dal Coronavirus ha innescato intense attività di ricerca e studio per stabilire il rapporto tra l’inquinamento atmosferico e il Covid 19. Sono in sostanza due i temi da esplorare: stabilire il rapporto tra inquinamento e Covid (cosa che sembra abbastanza certa) e il rapporto tra il nuovo virus e le partcelle PM10 (campo tutto da esplorare). Quello che appare certo è che le misure restrittive adottate per evitare il propagarsi del virus, hanno generato evidenti benefici per l’ambiente ed una sensibile diminuzione dell’inquinamento atmosferico.
Commissario straordinario dell’Agenzia regionale per l’ambiente in Campania.
La pandemia da Coronavirus, improvvisamente e rapidamente propagata in tutto il mondo, ha innescato intense, frenetiche ed urgenti attività di ricerca, concentrata soprattutto nel settore della prevenzione (sviluppo di vaccini) e nel campo terapeutico-assistenziale delle cure. L’emergenza sanitaria costituisce una sfida per l’ampliamento delle conoscenze – come ha dichiarato il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Brusaferro – sotto molteplici punti di vista, e non solo quelli oggi centrali e preminenti.
Le esplorazioni e gli studi hanno allargato il campo, nel tentativo di rispondere ad una serie di importanti quesiti ed ipotesi, aprendosi alla valutazione in senso ampio anche di tutti i possibili fattori ambientali e sociali che possano in qualche modo contribuire alla comprensione del processo di trasmissione virale dell’infezione, come distribuita nelle diverse aree del paese. Il dibattito pubblico pone alla comunità scientifica significative domande che richiedono sforzi di risposta congiunti tra la sfera sanitaria e quella ambientale, come quelli volti ad esplorare il rapporto di possibile correlazione tra fenomeni diffusi di inquinamento delle matrici e propagazione della pandemia, che viene evidenziata a livello empirico.
Occorre offrire alle istituzioni ed ai cittadini informazioni esatte e dati certi sulla base di indicazioni scientifiche, attraverso la costruttiva contaminazione tra discipline, competenze ed esperienze diverse che solo progetti di ricerca congiunti possono offrire. In questo quadro, a seguito di numerose segnalazioni, è emersa la necessità condivisa di indagare in particolare le possibili connessioni tra l’esposizione al particolato (PM) e gli effetti sanitari dell’epidemia, le eventuali interazioni tra polveri sottili e virus e valutare quindi se ed in quale misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associabili al fenomeno.
In sintesi, si profilano soprattutto due temi da esplorare. La prima ipotesi, più semplice e quasi certa, secondo cui negli ambienti inquinati il nostro organismo risulta più sensibile agli agenti patogeni (è chiaro che se respiri male sei più vulnerabile). L’inquinamento dell’aria incrementa il rischio di infezione delle vie respiratorie, particolarmente in soggetti vulnerabili (quali anziani e persone con patologie pregresse) e le tesi più accreditate segnalano che l’aumento dei livelli di gas e polveri sottili rende il sistema respiratorio più debole rispetto alle infezioni e complicanze della malattia.
La seconda ipotesi, invece, tutta da indagare e verificare – e preoccupante se fondata – è che le particelle (PM) possano essere veicolo e vettore di propagazione, e cioè semplificando – secondo il linguaggio comune – che le cosiddette “goccioline” chiedano un passaggio alle particelle inquinanti, diffondendosi così con maggiore facilità. Si tratta di una mera ipotesi che allo stato nessun operatore può assumersi la responsabilità di affermare, ma richiede comunque la doverosa attivazione di accertamenti e riscontri congiunti da parte delle scienze mediche ed ambientali.
Un terzo aspetto, già invece oggetto di consistenti ed avanzate attività da parte delle Agenzie ambientali e dell’Arpa Campania, è costituito dal monitoraggio straordinario con la valutazione, conseguente alle analisi, degli effetti del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sulle altre matrici ambientali (in particolare sulle acque interne, superficiali e marino-costiere). E’ evidente che le misure restrittive di contrasto al Covid-19 e di blocco delle attività per diverse settimane hanno sensibilmente ridotto le concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici – soprattutto per i gas climalteranti (biossido d’azoto) e meno per le polveri sottili – non sempre in maniera lineare ed omogenea sul territorio regionale ma piuttosto con andamenti altalenanti, determinati dalla complessità dei fenomeni influenzati dalle dinamiche meteorologiche e dalle reazioni chimiche in atmosfera.
Questo insieme di aspetti, alcuni più specificamente ambientali ed altri propriamente sanitari, richiedono comunque un dialogo tra le relative discipline ed uno sforzo di ricerca inter-istituzionale, con approcci metodologici integrati tra l’epidemiologia ambientale e quella sanitaria delle malattie contagiose, la tossicologia, la virologia, l’immunologia associate alle competenze fisico-chimiche-biologiche e metereologiche espresse dalla modellistica ambientale e dalle strutture preposte al monitoraggio della qualità dell’aria.
ARPAC, non singolarmente ma come componente del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente – e cioè insieme all’ISPRA ed alle Agenzie ambientali delle altre regioni – sta offrendo il proprio attivo contributo ed ha aderito di recente a due specifici progetti di ricerca di livello nazionale (oltre ad offrire disponibilità alla eventuale collaborazione con altre iniziative universitarie e scientifiche sugli stessi temi).
Il primo progetto sinergico, già attivato e denominato “PULVIRUS”, è fondato su un partenariato scientifico tra ENEA, Istituto superiore di Sanità e Sistema nazionale delle agenzie ambientali (SNPA) per indagare le ipotizzate interazioni fisico-chimiche-biologiche tra le polveri sottili ed il virus, oltre alle analisi – già abbondantemente avviate dall’ARPAC – degli effetti delle misure di lockdown sull’inquinamento atmosferico.
La forzata sospensione delle attività ha costituito un evento eccezionale – e speriamo, per le sue cause, irripetibile – con un involontario blocco delle principali sorgenti emissive, che può risultare tuttavia funzionale alla verifica dell’ampiezza ed intensità delle misure necessarie per rispettare i limiti di concentrazioni, offrendo così elementi utili alla gestione delle “emergenze smog” che si presentano periodicamente in alcune aree e centri urbani. Il progetto Pulvirus si svilupperà nell’arco di un anno, anche con la messa a disposizione dei filtri degli analizzatori e delle centraline di rilevamento e dei materiali registrati dalle reti di monitoraggio dell’Agenzia, ma già fra pochi mesi dovrebbe rendere disponibili alcuni risultati significativi utili al prosieguo degli studi scientifici.
Il secondo progetto a cui concorriamo è uno studio epidemiologico nazionale, varato dall’Istituto Superiore Sanità, dall’ISPRA e dal Sistema agenziale per investigare le possibili connessioni tra l’epidemia e l’esposizione ad inquinamento atmosferico, facendo interagire ricerche e valutazioni sanitarie con indagini e rilevazioni ambientali, in una considerazione congiunta degli intrecci tra ambiente e salute e quindi dei rapporti tra inquinanti e patologie.
L’obiettivo di progetti e ricerche, che hanno come presupposto la disponibilità dei dati e materiali offerti dagli enti operanti sul campo, è quello di formulare un’analisi rigorosa e ponderata su queste tematiche – fondata su protocolli scientifici verificabili – così da disporre di elementi oggettivi ed attendibili per la migliore intelligenza dei fenomeni e per supportare le politiche ambientali e sanitarie dei decisori istituzionali.
Fonte: www.genteeterritorio.it